l ruolo del cardiologo nella strategia dell’altorischio cardiovascolare. Documento propositivoa cura della Commissione Congiunta Area Prevenzione ANMCO-GICR
Sergio Pede, Stefano Urbinati*, Gianfrancesco Mureddu**, Carlo Vigorito***U.O. di Cardiologia, Ospedale N. Melli, San Pietro Vernotico, ASL BR/1, Brindisi, *Struttura Complessa di Cardiologia, Dipartimento Medico-Specialistico, Ospedale Bellaria, Bologna, **Dipartimento di Malattie Cardiovascolari, Ospedale San Giovanni-Addolorata, Roma, ***Area Funzionale di Riabilitazione Cardiologica, Università degli Studi “Federico II”, Napoli(Ital Heart J 2004; 5 (Suppl 8): 69S-72S
Premessa
La ricerca epidemiologica e clinica di-mostrano che l’aterosclerosi e le malattiecardiovascolari ad essa correlate rappresen-tano, da almeno 50 anni, la prima causa dimorte e di disabilità e sono in larga parte pre-venibili1,2.Le possibilità di prevenzione si basano:- sulla conoscenza e sulla verifica delle con-dizioni di rischio nella popolazione; - sulla valutazione della configurazione delrischio cardiovascolare globale nel singoloindividuo; - sulla realizzazione di interventi, tra loro in-tegrati, sulla comunità (strategia di comunità)e sull’individuo (strategia di individuo)1,3.La strategia di comunità è finalizzata apromuovere nella popolazione lo stile di vi-ta salvacuore sulla base di programmi cheidentificato: - i comportamenti da modificare, - gli interventi da realizzare, - gli ambiti della comunità in cui attuare gliinterventi.La strategia di individuo è finalizzata al-l’indentificazione e alla selezione dei soggettisu cui concentrare gli interventi sulla basedell’evidenza che essi sono tanto più efficaciquanto a più alto rischio sono gli individuicui sono rivolti.La Third Joint Task Force of Europeanand Other Societies on CardiovascularDisease Prevention in Clinical Practice de-finisce le priorità per gli interventi di pre-venzione3:
1. pazienti con manifestazioni cliniche dicardiopatia coronarica, di arteriopatia peri-ferica e di malattia aterosclerotica cerebrale;2. soggetti asintomatici ad alto rischio dimalattie cardiovascolari su base ateroscle-rotica;3. parenti di primo grado di: pazienti con ma-nifestazioni precoci di patologia cardiova-scolare aterosclerotica; soggetti asintomati-ci a rischio particolarmente elevato;4. altri soggetti identificati nel corso dellapratica clinica quotidiana.Definizione e identificazione dei soggettiad alto rischio cardiovascolareNei soggetti asintomatici, in apparentestato di buona salute, gli interventi di pre-venzione devono essere guidati dal grado dirischio cardiovascolare globale del singoloindividuo. Le linee guida europee raccomandanol’utilizzo di un nuovo modello per la stimadel rischio basato sul sistema SCORE (sy-stematic coronary risk evaluation). Poichéquesto modello predice solo eventi cardio-vascolari fatali, la soglia di definizione del-l’alto rischio è stata posta a ≥5% invece chea ≥20%, come indicato dal sistema che erastato utilizzato in precedenza e che predicevaeventi coronarici combinati3.Vengono definiti ad alto rischio cardio-vascolare i soggetti asintomatici che presentano:
• più fattori di rischio con un grado di rischio globale almomento della valutazione (o proiettato a 60 anni) ≥5%;• livelli marcatamente elevati di un singolo fattore di ri-schio:- colesterolemia totale ≥8 mmol/l (320 mg/dl);- colesterolemia LDL≥6 mmol/l (240 mg/dl);- pressione arteriosa ≥180/110 mmHg;• diabete mellito di tipo 2 e diabete mellito di tipo 1 conmicroalbuminuria.Le linee guida europee sottolineano la possibilità diconsiderare ad alto rischio, o comunque a rischio su-periore rispetto a quello derivato dalle carte, le catego-rie di soggetti che: - sono prossimi alla successiva fascia di età; - sono asintomatici e presentano manifestazioni precli-niche di malattia aterosclerotica; - hanno una forte familiarità per manifestazioni preco-ci di malattie cardiovascolari; - si presentano con bassi livelli di colesterolemia HDL,con elevati livelli di trigliceridemia, con intolleranza glu-cidica, e con elevati livelli di proteina C reattiva, fibri-nogeno, omocisteina, apolipoproteina B o lipoproteina(a); - sono obesi e sedentari.Di particolare importanza risulta il riferimento allemanifestazioni precliniche di malattia ateroscleroticatanto che le linee guida prevedono ed auspicano la pos-sibilità di inserire in più sofisticati modelli di calcolo delrischio i dati ottenuti con l’impiego delle metodiche diimaging volte a quantificare il calcio coronarico, lospessore miointimale carotideo e l’ipertrofia ventrico-lare sinistra.Questa indicazione tende a spostare le strategie di pre-venzione dalla valutazione continuativadel rischio, co-sì come si realizza con l’impiego delle carte, alla cate-gorizzazionedel rischio, e, in quanto tale, rappresentaun elemento di discussione e di confronto perché con-figura importanti diversità nell’impostazione dei percorsidi valutazione dei pazienti/soggetti.Un altro elemento di discussione relativo alla valu-tazione dei pazienti/soggetti deriva dal fatto che le car-te del rischio, basate sul sistema SCORE, stimano il gra-do di rischio globale per tutte le malattie cardiovasco-lari ad eziopatogenesi aterosclerotica, ma limitatamen-te agli eventi fatali.Questo limite sottolinea la necessità di lavorare suuna maggiore completezza dei sistemi di valutazionecontinuativa del rischio e rafforza l’indicazione, conte-nuta nelle stesse linee guida europee, a incoraggiare losviluppo di carte del rischio “nazionali” salvaguardan-done due inderogabili connotazioni:- stimare il rischio cardiovascolare globale in linea conle evidenze e gli orientamenti più attuali;- prevedere sia gli eventi fatali sia quelli non fatali in li-nea con la necessità di rendere disponibile uno strumentoutile a prevenire non solo la morte ma anche le prevalenti manifestazioni cliniche non fatali della malattia ate-rosclerotica3.A questa indicazione risponde la carta del rischio car-diovascolare globale italiana prodotta dall’IstitutoSuperiore di Sanità.Di conseguenza questa carta si configura come lostrumento più idoneo per l’identificazione dei soggettiad alto rischio cardiovascolare nella popolazione italiana.Gestione dei soggetti ad alto rischio cardiovascolareTra le prime due categorie delle priorità clinicheesiste un continuumbiologico che costituisce il pre-supposto perché la gestione dei pazienti/soggetti che nefanno parte sia sostanzialmente identica prevedendosia la stessa tipologia di interventi sia il raggiungimen-to degli stessi obiettivi3,4.Gli indirizzi attuali di gestione si basano sull’im-plementazione del “team-based patient-oriented sy-stem”5, una metodologia di intervento caratterizzata dadue elementi: la centralità del paziente/soggetto e l’ap-proccio mutidisciplinare.La validità di questa metodologia presuppone l’in-dividuazione dei pazienti/soggetti come elemento es-senziale per personalizzare gli interventi.Ciò è facile per i pazienti della prima categoria co-me sono, ad esempio, quelli che hanno superato un in-farto miocardico acuto. È, viceversa, estremamente dif-ficile per i soggetti clinicamente sani ma ad alto rischiocardiovascolare.L’elevata percentuale di questi soggetti nella popo-lazione italiana, così come risulta dai dati dell’Os-servatorio Epidemiologico Cardiovascolare6, rende ne-cessaria l’organizzazione di un sistema che coinvolga larete delle strutture cardiologiche presenti su tutto il ter-ritorio nazionale e che consenta una reale implementa-zione della strategia di individuo per l’alto rischio car-diovascolare.Questa strategia si basa sulla definizione di:- ruolo del cardiologo,- modelli organizzativi,- sistema di verifica.Ruolo del cardiologo. Le indicazioni per programmi diprevenzione cardiovascolare basati su centralità delsoggetto e su approccio multidisciplinare derivano, inlarga misura, dall’esperienza maturata nell’ambito del-le Strutture di Cardiologia Riabilitativa7.Sulla base di queste indicazioni l’intervento deve es-sere: strutturato, individualizzato, a lungo termine.Questa tipologia di intervento prevede:• il coinvolgimento di figure professionali specialistiche,capaci di gestire le singole condizioni di rischio con tec-niche e modalità di intervento validate, secondo percorsipredefiniti;
• l’identificazione del cardiologo come coordinatoredell’équipe multidisciplinare e, in quanto tale, come fi-gura professionale capace di garantire la globalità di ge-stione.Per ottemperare a questo ruolo il cardiologo esper-to di prevenzione deve:• conoscere l’epidemiologia cardiovascolare e il ruolorelativo dei fattori di rischio;• identificare i pazienti ad alto rischio; • effettuare la valutazione funzionale e strumentale pre-liminare; • identificare i target da raggiungere durante l’inter-vento preventivo;• organizzare il percorso del paziente ad alto rischio av-viando il programma di intervento “individualizzato” peril singolo paziente;• verificare i risultati raggiunti secondo indicatori pre-definiti.Modelli organizzativi.Per l’attuazione dei programmidi prevenzione vengono individuati tre modelli orga-nizzativi: Struttura di Cardiologia Riabilitativa ePreventiva; Struttura Multidisciplinare di PrevenzioneCardiovascolare; Ambulatorio Cardiologico per laPrevenzione Cardiovascolare.Struttura di Cardiologia Riabilitativa e Preventiva.Dove è presente una Struttura (Complessa o Semplice)di Cardiologia Riabilitativa e Preventiva la gestionedella prevenzione cardiovascolare secondaria e prima-ria finalizzata al paziente ad alto rischio è coordinata daquesta struttura, con il coinvolgimento di altre struttu-re cardiologiche e di altre figure professionali comun-que utili alle attività di prevenzione.Struttura Multidisciplinare di Prevenzione Cardiova-scolare. Dove non è presente una Cardiologia Riabili-tativa e Preventiva è auspicabile la creazione di unaStruttura Multidisciplinare di Prevenzione Cardiova-scolare finalizzata a: - permettere la gestione di un’importante mole di sog-getti;- non sovraccaricare il cardiologo di attività che devecoordinare;- avere un’importante integrazione con il territorio, da rea-lizzare nelle realtà locali, in base a progetti specifici.A tal fine appare auspicabile che tale struttura pos-sa disporre delle seguenti figure professionali:- cardiologo, responsabile della struttura;- infermiere, “case manager” con funzioni di coordina-mento dell’intervento educazionale;- dietologo-dietista, per il percorso di educazione ali-mentare, per la programmazione di interventi specificiper gli obesi e per i pazienti con grave dislipidemia;- diabetologo, per il percorso del paziente diabetico;- psicologo, per l’identificazione dei pazienti con ansia-depressione, per gli interventi di gestione dello stress eper il programma anti-tabagismo.
È auspicabile anche la possibilità di programmare in-terventi di ricondizionamento e di training fisico, quan-do si rendono necessari.Ambulatorio Cardiologico per la Prevenzione Cardiova-scolare.Dove non è presente una Cardiologia Riabili-tativa e Preventiva e non è possibile la creazione diuna Struttura Multidisciplinare di Prevenzione Cardio-vascolare il modello che viene proposto è quellodell’Ambulatorio Cardiologico per la Prevenzione Car-diovascolare8.La connotazione del modello si basa sui seguenti ele-menti: - è una funzione della struttura cardiologica;- è attivabile con il solo atto decisionale dell’équipecardiologica;- è realizzabile in maniera estensiva all’interno di strut-ture distribuite sull’intero territorio nazionale;- è capace di incidere nel presente;- è una forma di assistenza fortemente radicata nella pra-tica clinica; - sposta la cura e la gestione della salute su pazienti nonricoverati;- garantisce la continuità assistenziale operando comecentro di raccordo tra le diverse strutture dell’Ospedalee del Territorio;- richiede un consumo di risorse limitato, garantendo unbuon equilibrio tra il contenimento dei costi e la qualitàdel servizio.In questo modello il cardiologo, coadiuvato da in-fermiere dedicato, è direttamente e totalmente respon-sabile dei percorsi dei soggetti che afferiscono alla strut-tura, si avvale delle prestazioni delle figure professio-nali specialistiche attraverso la formula della consu-lenza (dietologica, psicologica, ecc.) ed esercita, a suavolta, funzioni di consulenza nei confronti dei medici dimedicina generale, che selezionano i soggetti da invia-re all’ambulatorio.Sistema di verifica.L’identificazione dei “target” checi si prefigge di raggiungere costituisce parte integran-te del programma di prevenzione cardiovascolare indi-vidualizzato e questi target devono essere raggiungibi-li dal paziente in un tempo predefinito.Di conseguenza l’efficacia degli interventi di pre-venzione cardiovascolare può essere monitorata se-condo i seguenti indicatori:- raggiungimento dei target predefiniti;- modificazione del grado di rischio cardiovascolareglobale;- riduzione dell’incidenza di eventi.La dotazione di uno strumento informatico unico pertutti i modelli organizzativi, quale un software dedica-to, è in grado di garantire:- la valutazione e la gestione omogenea dei soggettiche afferiscono alle strutture di prevenzione; - la raccolta metodica di dati su ampie casistiche;la valutazione omogenea e sistematica degli eventi;- la registrazione uniforme degli esiti.In questo modo si può costruire un sistema di rete checonsente, su tutto il territorio nazionale, la verifica del-l’efficacia dei programmi e degli interventi di preven-zione e la valutazione dell’impatto organizzativo suirisultati conseguiti in termini di riduzione della patolo-gia che si intende prevenire9.